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I costi segreti di una riunione inutile

Ottobre 2025

Quasi nessuno li mette a budget, eppure pesano quanto una voce di costo: le riunioni senza scopo chiaro consumano attenzione, motivazione e credibilità. Non sprecano solo tempo: generano debito organizzativo. Un’ora con dieci persone non è “un’ora”: sono dieci ore sottratte al lavoro più tutti i minuti di interruzione prima e dopo più il residuo mentale che ti impedisce di rientrare subito in concentrazione e il tempo speso a lamentarsi dei prima durante e dopo alla macchina del caffè.

La somma di questi costi intangibili, a fine trimestre, è impressionante.

Per capire perché il meeting sbagliato uccide la performance, bastano tre lenti semplici.

Tutti abbiamo partecipato a riunioni che fanno battere il cuore o sbadigliare, è così? Il risultato dipende dalla curva di Yerkes–Dodson: la performance cresce con l’attivazione solo fino a una soglia, poi crolla. Nei meeting caotici, affollati e senza meta l’arousal schizza: ansia, fretta, sovrapposizioni, decisioni affrettate. In quelli piatti e diluiti l’arousal cade: energia bassa, attenzione che si sfila, zero slancio. In entrambi i casi scivoliamo lungo la U rovesciata.

Serve un equilibrio. L’equilibrio si costruisce così: scopo in una riga, pochi decisori al tavolo, timebox serrati per i punti chiave, alternanza tra ascolto e interventi guidati (giro rapido, leader per ultimo) e chiusura sempre con decisione–owner–prima azione–data. Due accorgimenti in più aiutano a restare nella “zona utile”: un timer visibileper scandire i passaggi e un ruolo di facilitatoreche richiami al focus e redistribuisca la parola.

Così mantieni abbastanza pressione per muovere e abbastanza struttura per pensare.

La seconda lente è il carico cognitivo: la nostra memoria di lavoro tiene pochissimi elementi alla volta. Quando l’agenda è vaga, i materiali arrivano all’ultimo e la conversazione salta di continuo, riempiamo quel “buffer” fino a farlo traboccare. Il risultato è prevedibile: si perdono fili logici, le persone tornano su punti già discussi, le decisioni rallentano o diventano superficiali. Ridurre carico significa anticipare i documenti essenziali, dichiarare prima i criteri di scelta e procedere per blocchi brevi e omogenei (un tema, un esito). L’esatto contrario di quello che vedo accadere anche nelle organizzazioni meglio organizzate.

La terza lente è il flow: il lavoro che crea valore nasce in periodi di attenzione profonda, dove concentrazione e feedback di progresso si auto-alimentano. Ogni riunione superflua interrompe questo circuito — concentrazione → progresso → motivazione— generando micro-fratture che, sommate, erodono il momentum del team.

Proteggere il flow vuol dire difendere finestre di lavoro ininterrotto, usare i meeting solo per decidere o sbloccare e chiudere ogni incontro con un passo concreto che rimetta subito in moto il ciclo.

C’è poi la “tassa emotiva”, meno visibile ma altrettanto concreta.

Se un rituale non porta mai a un esito, le persone imparano che non vale esporsi: cresce il cinismo, diminuisce la disponibilità a metterci del proprio, e si abbassa la soglia di fiducia. Anche la reputazione del leader ne risente: quando “in riunione non si decide mai”, la partecipazione diventa presenza formale, non contributo reale.

Che cosa fare, allora?

Non serve un’altra check-list, serve design. Una riunione crea valore quando è costruita intorno a uno scopo espresso in una riga — “successo = decidere tra A/B/C” oppure “successo = definire tre azioni per sbloccare X” — e quando il tempo sincrono è riservato a confrontare opzioni e chiudere, non a leggere insieme materiali che potevano essere inviati il giorno prima.

Ridisegnare i meeting non è estetica organizzativa. È manutenzione della performance: si abbassa l’arousal dove è troppo alto, si riduce il carico cognitivo inutile, si ripristina il flow.

E, soprattutto, si restituisce senso. Quando le persone escono da una riunione più allineate che stanche e sanno esattamente cosa succede dopo, i costi segreti smettono di accumularsi. E l’azienda torna a muoversi.

 

 

Autrice: Lucilla Rizzini

Founder di @Ellecubica & Direttrice del Master in Coaching riconosciuto da AICP

Master Certified Coach (MCC) ICF

Autrice “Motivati si diventa” edito da Guerini Next.

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