Ellecubica

Eravamo nel mezzo di una sessione di team coaching. Il gruppo era eterogeneo: esperti e junior, figure manageriali e profili più operativi. Stavo guidando un esercizio sugli obiettivi professionali. Alla domanda: “Cosa ti spinge davvero a dare il meglio di te?”, le risposte iniziarono a dividere la stanza.

“Dimostrare di essere all’altezza. Voglio che gli altri vedano che valgo.”

“Migliorarmi, sentire che sto crescendo.”

Due approcci diversi, quasi opposti.

Quella mattina fu un esempio lampante della differenza tra obiettivi a dimostrare e obiettivi a padroneggiare, due stili motivazionali studiati approfonditamente nella psicologia della motivazione, in particolare nei lavori di Carol Dweck e del suo team.

Obiettivi a dimostrare vs. obiettivi a padroneggiare

Gli obiettivi a dimostrare (performance goals) si focalizzano sul bisogno di apparire competenti. Chi li adotta vuole ricevere approvazione, evitare giudizi negativi, mostrare il proprio valore agli occhi degli altri.

Gli obiettivi a padroneggiare (mastery goals), invece, mettono al centro il desiderio di apprendere, migliorarsi, crescere. Qui la motivazione è più autonoma, meno legata allo sguardo esterno e più focalizzata sul processo.

Ecco le principali differenze:

Obiettivi a dimostrare:

  • Si cerca di fare bene per essere valutati positivamente
  • Alta sensibilità al giudizio degli altri
  • Tendono ad aumentare ansia da prestazione
  • Possono portare a evitare le sfide troppo rischiose
  • Generano motivazione fragile, basata sull’approvazione

Obiettivi a padroneggiare:

  • Si cerca di imparare, anche sbagliando
  • Meno attenzione al confronto con gli altri
  • Favoriscono la resilienza e la curiosità
  • Si affrontano anche compiti complessi
  • Generano motivazione sostenibile e duratura

Come evidenzia Dweck (2000), gli obiettivi a padroneggiare sono legati a un maggior senso di autoefficacia, ovvero la convinzione di poter influenzare gli eventi con le proprie azioni. Questo è un potente predittore del successo a lungo termine.

Il ruolo dell’autoefficacia

Albert Bandura, padre della teoria dell’autoefficacia, sostiene che “le persone non agiscono solo in base a ciò che sanno fare, ma in base a quanto credono di poterlo fare” (Bandura, 1997).

Ecco perché gli obiettivi a padroneggiare funzionano meglio:

  • Aumentano la percezione di controllo sul compito
  • Riducono l’ansia da prestazione
  • Stimolano l’apprendimento continuo

Quando le persone si sentono libere di sbagliare, di esplorare, di chiedere aiuto, la motivazione non si basa sulla paura, ma sulla curiosità e sull’autodeterminazione.

Il rischio del confronto costante

Chi punta a dimostrare tende a confrontarsi costantemente con gli altri. E il confronto, lo sappiamo, spesso ci mette in scacco: c’è sempre qualcuno più avanti, più bravo, più veloce.

Questa dinamica crea un clima competitivo poco sano, riduce la collaborazione e può portare a stress, insoddisfazione e burnout. In azienda, promuovere una cultura orientata solo al risultato visibile può bloccare l’innovazione.

Come favorire obiettivi a padroneggiare nel team

Nel coaching dinamico, lavoriamo per creare le condizioni perché le persone passino da una motivazione estrinseca a una più profonda e autonoma. Alcune strategie utili:

  • Formulare obiettivi legati all’apprendimento (development goals), non solo ai risultati (performance/outcome goals)
  • Dare feedback focalizzati sul processo, non sulla persona
  • Celebrare i tentativi e non solo i successi
  • Incoraggiare il confronto con se stessi, non con gli altri

Come scrivo nel libro Motivati si diventa, la motivazione più forte è quella che non ha bisogno di essere vista: nasce da dentro, si nutre di impegno, costanza e senso.

In quella sessione di coaching, dopo il confronto iniziale, il team ha iniziato a riflettere su quali obiettivi fossero davvero motivanti e su come definire traguardi più autentici.
Non si tratta di eliminare il desiderio di dimostrare. Ma di non farne l’unico motore. Perché la motivazione autentica non ha bisogno di palcoscenici, ma di spazio per crescere.

Trovi il libro “Motivati si diventa” edito da Guerini Next a questo link o in libreria.

 

Autrice: Lucilla Rizzini

Direttrice del Master in Coaching riconosciuto da AICP & Founder di @Ellecubica

Professional Certified Coach (PCC) ICF

Autrice “Motivati si diventa” edito da Guerini Next.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Non puoi copiare il contenuto di questa pagina