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E’ un dato di fatto: i leader non esistono ma il potere sì.

Nel dibattito sul lavoro, si parla spesso di leadership come se fosse una dote naturale. “È un leader nato”, si sente dire. Ma in realtà, non esistono i leader: esistono stili di leadership, modalità diverse di esercitare il potere, rispondere al contesto e influenzare gli altri.

Ognuno può mostrare elementi di leadership in un momento e perderli in un altro. Perché nessuno incarna tutte le qualità ideali, sempre, ovunque. E’ praticamente impossibile, del resto la perfezione non è di questo mondo. Siamo esseri perfettibili. Ed è proprio in questo spazio di fluttuazione che emerge un tema centrale: la motivazione al potere.

E no, non è solo una questione di ruolo

Il potere non è sinonimo di ruolo. Anzi, molto spesso nei gruppi osserviamo poteri reali che non coincidono con quelli formali. Come hanno evidenziato French e Raven già nel 1959, esistono cinque fonti principali di potere:

  • posizione: il potere che deriva da un ruolo riconosciuto e formale;
  • competenza: basato su conoscenze, esperienza e talento percepito;
  • carisma: legato al magnetismo personale e alla capacità di attrarre fiducia;
  • riconoscimento: fondato sull’abilità di distribuire premi o opportunità;
  • disconoscimento: il potere di escludere, penalizzare o ignorare.

Queste fonti non vivono in astratto. Agiscono ogni giorno in azienda, nei team, nelle relazioni quotidiane. Chi vuole comprendere come motivare gli altri – o se stesso – non può non chiedersi: qual è la mia relazione con il potere?

ll potere come bisogno umano

David McClelland, psicologo della motivazione, ha proposto una teoria chiave per interpretare il comportamento nei contesti lavorativi. Secondo lui, ogni persona è motivata da tre bisogni principali:

  • achievement (realizzazione)
  • affiliazione (relazioni)
  • potere (influenza)

Il bisogno di potere si manifesta come desiderio di avere impatto, di essere significativi per gli altri, di contribuire al cambiamento” — David McClelland, The Achieving society

Chi è spinto da questo bisogno non vuole solo dominare: vuole influenzare positivamente l’ambiente. Vuole che la propria voce conti, che il proprio contributo venga riconosciuto. Questo è il volto sano e maturo della motivazione al potere.

Il potere genera motivazione… oppure la spegne!

Se il bisogno di potere viene soddisfatto in modo costruttivo, le persone si sentono più:

  • responsabili
  • coinvolte
  • proattive
  • resilienti

Ma se viene frustrato, o peggio, manipolato da altri, possono emergere:

  • passività e “quiet quitting”
  • cinismo verso le decisioni aziendali
  • rabbia silenziosa e resistenza al cambiamento
  • burnout e demotivazione

Una ricerca pubblicata su Frontiers in psychology (Anderson & Kilduff, 2009) ha evidenziato che la percezione di mancanza di potere può portare a inibizione comportamentale, ansia e ritiro, mentre una sana percezione di potere aumenta l’iniziativa e il senso di efficacia.

I 5 elementi chiave di leadership da coltivare

Invece di cercare il “leader ideale”, oggi serve allenare elementi di leadership diffusa. Ecco cinque direzioni che aiutano a motivare gli altri (e se stessi) usando il potere in modo etico:

  1. consapevolezza del proprio impatto: chi lavora con le persone ha potere, anche se non lo vuole. Esserne consapevoli è il primo passo per usarlo bene.
  2. capacità di influenzare senza manipolare: a vera leadership non impone: orienta. Non seduce, ma coinvolge.
  3. distribuzione equa del riconoscimento: usare il potere per valorizzare le competenze degli altri è uno dei segnali più evidenti di leadership sana.
  4. gestione costruttiva del dissenso: il potere non serve a mettere a tacere. Serve a dare cornici di senso e regole condivise anche quando c’è tensione.
  5. modello di fiducia: il potere esercitato senza fiducia è controllo. Il potere esercitato dando fiducia prima di riceverla è un atto generativo.
“Dare fiducia prima di riceverla è un gesto di coraggio. È un modo per allenare potere positivo e creare motivazione autentica.” — Motivati si diventa, L. Rizzini

Una riflessione finale (per chi coordina persone)

Chi guida un team, facilita un gruppo o gestisce un’organizzazione dovrebbe chiedersi non solo che potere ha, ma che tipo di potere agisce ogni giorno. E poi: come questo potere influenza la motivazione degli altri?

La domanda non è “sono un buon leader?”, ma:

“Oggi, in che modo sto esercitando il mio potere?” “Cosa produco negli altri: energia, paura o disconnessione?”

Take away

Il potere è una leva motivazionale profonda, non un tabù da evitare.

  • Esistono 5 forme di potere, tutte presenti nei contesti lavorativi.
  • Allenare la leadership oggi significa saper usare il proprio potere con consapevolezza e fiducia.
  • I “leader ideali” non esistono: esistono momenti di leadership, stili diversi e responsabilità condivise.
  • Approfondire la motivazione al potere aiuta a costruire ambienti più sani, ingaggiati e capaci di affrontare il cambiamento.

Ps. Se il tema della motivazione ti incuriosisce trovi qualche altro spunto nel libro “Motivati si diventa. Storie, teorie e pratiche per motivarsi e motivare” Edito da Guerini Next. Lo trovi qui.

 

Autrice: Lucilla Rizzini

Direttrice del Master in Coaching riconosciuto da AICP & Founder di @Ellecubica

Professional Certified Coach (PCC) ICF

Autrice “Motivati si diventa” edito da Guerini Next.

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