Perché le persone migliori rischiano di diventare un problema
L’ho imparato sulla mia pelle, prima da giovane impiegata nell’azienda di famiglia, poi da manager e oggi da imprenditrice e coach. Le persone davvero motivate sono scomode. Non perché siano arroganti o ingestibili, ma perché sono animate da una spinta interiore che le rende vive, presenti, coinvolte.
Chi è motivato vuole fare bene, ma non si ferma lì. Vuole capire perché si fa una certa cosa, se si può farla meglio, se ciò che è stato deciso ha davvero senso. Vuole contribuire al cambiamento, non eseguire senza pensiero critico. Vuole avere un impatto.
E tutto questo, in molti ambienti di lavoro, può diventare un problema.
Chi è motivato mette in discussione lo status quo. Infrange le consuetudini. Propone alternative. Ottiene risultati — ma fuori dai percorsi tradizionali.
Il sistema, a quel punto, reagisce. A volte con fastidio, altre con diffidenza, altre ancora con il tentativo (più o meno consapevole) di spegnere quell’energia.
È un paradosso: si cercano talenti proattivi, curiosi, intraprendenti… ma solo finché restano entro limiti “gestibili”.
Un quadro teorico: oltre la motivazione “da manuale”
Per comprendere meglio, vale la pena esplorare la teoria dell’autodeterminazione (Deci & Ryan, 1985), uno dei riferimenti più solidi nella psicologia della motivazione. Questa teoria distingue tra:
- motivazione estrinseca: si agisce per ottenere ricompense esterne (premi, status, approvazione) o per evitare punizioni.
- motivazione intrinseca: si agisce per il piacere dell’attività in sé, per interesse, per un senso interno di significato.
Ma ciò che rende interessante questa teoria è la distinzione qualitativa tra diversi gradi di autonomia. Anche la motivazione estrinseca può diventare più autonoma se il soggetto interiorizza gli obiettivi, facendoli propri.
La motivazione più “matura” si attiva quando sono soddisfatti tre bisogni fondamentali:
- autonomia – sentire che si sta scegliendo, non solo obbedendo.
- competenza – sentirsi capaci, efficaci, in grado di agire sul mondo.
- relazione – percepire connessione, riconoscimento, fiducia reciproca.
Quando un contesto ostacola questi bisogni, le persone motivatissime si spengono. Oppure si ribellano inizialmente e se ne vanno poi.
Il lato oscuro della motivazione
Motivazione non significa “ubbidienza entusiasta”. Significa energia che cerca direzione.
E se l’ambiente è incapace di accoglierla, “contenerla” valorizzandola allora l’energia diventa tensione. Diventa frustrazione. O addirittura abbandono e il quiet quitting. Pensate che secondo l’Osservatorio HR del Politecnico di Milano, il 12% dei lavoratori italiani ha ridotto significativamente il proprio impegno (quiet quitting), senza lasciare l’azienda.
Nel peggiore dei casi, l’azienda perde le persone migliori. Non perché non fossero adatte al ruolo. Ma perché erano troppo adatte alla crescita. E troppo poco adatte all’immobilismo.
Il potere dello sguardo
La motivazione individuale si sviluppa anche nello sguardo dell’altro. Lo dimostra il celebre esperimento di Rosenthal e Jacobson (1968), che diede origine al concetto di Effetto Pigmalione: quando gli insegnanti erano convinti che alcuni studenti avessero un grande potenziale, quei bambini — anche se scelti casualmente — finivano per migliorare davvero. Non per magia. Ma perché lo sguardo positivo si traduceva in comportamenti più supportivi, in aspettative più stimolanti, in feedback più generativi.
Allo stesso modo, chi guida persone genera o inibisce motivazione attraverso il proprio atteggiamento invisibile.
- Se vedi un collaboratore come “esagerato”, “pretenzioso”, “troppo acceso”… finirai per limitarlo.
- Se lo vedi come “appassionato”, “proattivo”, “portatore di visione”… gli darai spazio.
La motivazione è un potenziale. Ma ha bisogno di ambienti generativi, non solo di bonus o piani di carriera. Ha bisogno di leader che sappiano contenere l’energia senza spegnerla. Che accettino il disagio del cambiamento come prezzo da pagare per l’innovazione.
Per riflettere:
- Le tue persone sono motivate… ma “disturbano” il sistema?
- Quanto spazio c’è davvero per la libertà, l’iniziativa e la responsabilità nel tuo team?
- Le tue aspettative verso i collaboratori favoriscono lo sviluppo o la stagnazione?
In fondo, il problema non è mai la motivazione. Il problema è il contesto che non sa ancora cosa sia realmente e cosa farsene.
Autrice: Lucilla Rizzini
Founder di @Ellecubica & Direttrice del Master in Coaching riconosciuto da AICP
Professional Certified Coach (PCC) ICF
Autrice “Motivati si diventa” edito da Guerini Next.