La motivazione non basta.
E’ un dato oggettivo e scientificamente provato, eppure, i social network pullulano di citazioni motivazionali fini a se stesse.
La faccenda è seria, purtroppo molti manager, imprenditori e anche alcuni colleghi coach, vanno propinando teorie motivazionali senza fondamento: se vuoi puoi, mai mollare etc. etc.
La verità è ben diversa: la motivazione non basta. Per raggiungere obiettivi sfidanti e significativi sono necessari tutti e tre gli elementi che caratterizzano un’azione motivata e consapevole. Li vediamo tra un attimo.
Prima una piccola precisazione: essere motivati, assume per ognuno di noi, significati diversi, ancorati a valori e bisogni individuali.
Nelle organizzazioni c’è una forte tendenza alla ricerca di persone motivate intrinsecamente, ossia con una spinta interiore verso determinate attività.
Si cerca la via più facile e veloce e, da imprenditrice, ne capisco bene il motivo. Da Coach professionista e studentessa di psicologia, invece, la vedo in modo un poco diverso.
Se, ricercare e assumere, persone con passione per il proprio lavoro e senso del dovere (a volte le due cose vengono confuse in maniera esorbitante), rappresenta ovvi benefici da un altro lato ci si di dimentica che l’ambiente di lavoro è il primo e più critico fattore di (de)motivazione. Io stessa ho cambiato, nella mia ex carriera da Manager, alcuni posti di lavoro e la scelta di cambiare era raramente dettata da un ruolo non più calzante.
Le persone si licenziano perchè non vogliono più lavorare con i propri capi o colleghi.
L’azienda stessa è, infatti, attore protagonista del processo motivazionale del singolo e del gruppo.
Sono numerosi i modelli teorici che analizzano la motivazione al lavoro, prima di vederne, nei prossimi articoli, alcuni mi preme ricordare i 3 fattori che determinano la motivazione al lavoro:
1- Direzione: la prospettiva, cioè il percorso potenziale che può intraprendere l’attività del lavoratore. Tale prospettiva può essere orientata al conseguimento degli obiettivi personali, dell’azienda o di entrambi;
2- Intensità: il grado di sforzo o di fatica ossia l’energia necessaria per lo svolgimento delle attività lavorative;
3- Persistenza: questa dimensione riguarda non solo l’avvio dell’attività, ma soprattutto il suo mantenimento nel tempo. La costanza, persistenza o resistenza fornisce un’indicazione su come la persona mantenga il proprio comportamento nonostante gli ostacoli, i fallimenti, le condizioni avverse o gli imprevisti.
E allora, no, la motivazione, il motivo all’azione non basta.
In un contesto lavorativo dinamico, in continuo cambiamento, caratterizzato da convivenza tra generazioni e culture diverse serve un approccio alla motivazione che sia dinamico e interculturale che abbracci la complessità della tematica motivazionale lungi dal voler seguire mode e citazioni d’appeal ma prive di veridicità scientifica.
Autrice: Lucilla Rizzini
Direttrice del Master in Coaching riconosciuto da AICP & Founder di @Ellecubica
Professional Certified Coach (PCC) ICF
Esperta di comunicazione interculturale per il business
20 anni di esperienza nel business internazionale come Export Manager, Key Account Manager & Global Sales Director
Articoli recenti
L’effetto Rosenthal: quanto contano le aspettative nella motivazione?
Come guadagnare 300€ extra al mese grazie al Group Coaching
Il ruolo della monoaminossidasi nella motivazione
Sono troppo vecchio/a per fare il coach?
Vi è mai capitato di sentirvi più motivati quando qualcuno crede davvero in voi? Quella volta in cui un insegnante vi ha …
Se sei un coach e stai cercando un modo per aumentare il tuo guadagno senza lavorare più ore, il group coaching potrebbe …
Vi è mai capitato di sentirvi, un giorno, pieni di energia e motivazione e il giorno dopo completamente svuotati, senza alcuna voglia …
L’età è davvero un limite per chi desidera diventare coach? Molti aspiranti coach si pongono questa domanda, temendo di essere troppo giovani …
Una risposta