Ellecubica

Cosa intendi per diversità in azienda? L’ho chiesto ad un imprenditore qualche giorno fa e la sua risposta ha confermato che molto spesso imprenditori e manager non sono così avulsi al tema come penseremmo. Perché diversità non è solo genere.

La diversità in azienda è multi dimensionale:

  • demografica: genere, età, origine culturale/nazionale, orientamento e identità, disabilità (visibile e non), status familiare.
  • funzionale/professionale: ruoli P&L vs staff, background tecnici/umanistici, seniority, percorsi non lineari, tipologie contrattuali/turni.
  • cognitiva: stili decisionali, pensiero analitico vs sistemico, propensione al rischio, neurodiversità (ADHD, autismo, dislessia…), preferenze di lavoro.

 

Questa ricchezza potrebbe, senza ombra di dubbio,migliorare le decisioni e l’innovazione. Ma il condizionale è d’obbligo: non lo fa automaticamente.

Senza un clima in cui ci si possa esporre senza rischi, le differenze restano mute. È qui che entra la sicurezza psicologica.

Nei team più efficaci, la variabile che fa davvero la differenza è la sicurezza psicologica.” — Google, Project Aristotle

Perché è la leva giusta (non solo in Google ma anche nelle PMI)

Ho individuato almeno tre elementi ma sono certa che, con più tempo per riflettere, ne emergano molti altri. Partirei dai:

  • team performance: lo studio classico di Amy Edmondson mostra che team con alta sicurezza psicologica apprendono più in fretta, nascondono meno errori e migliorano l’esecuzione;
  • engagement & retention: analisi Gallup indicano che, dove le opinioni contano davvero, l’engagement cresce e i rischi di abbandono si riducono;
  • contesto italia: secondo l’EIGE (Gender Equality Index), i progressi sulla rappresentanza non bastano se non si traduce la “diversità visibile” in voce e sperimentazione quotidiana.
“La sicurezza psicologica è il carburante che trasforma la diversità in decisioni migliori.”

3 mosse di coaching dinamico che puoi attivare domani

Pensa in grande ma agisci in piccolo, uno dei miei mantra preferiti. Quindi lo condivido anche con te oggi:

  1. contratto di team (3 regole visibili): il dissenso è benvenuto · si reagisce alle idee, non alle persone · gli errori si esaminano per imparare;
  2. leader parla per ultimo: 5 minuti di giro-veloce (tutti una volta). Riduce l’auto-censura e aumenta la qualità delle alternative;
  3. challenger a rotazione: in ogni riunione una persona ha il mandato di stressare ipotesi e rischi; le obiezioni finiscono in un decision/risk log (se vuoi sapere come costruirlo scrivimi in mail).

Un passo in più ossia misurare in modo semplice

Se bastasse un mini sondaggio?

5 domande sulla sicurezza psicologica: una volta al mese, chiedi al team (in forma anonima) quanto sono d’accordo con frasi come:

  • “Posso dire ‘non sono d’accordo’ anche al mio responsabile.” (scomoda lo so, soprattutto per i responsabili che spesso non sono pronti a leggere le risposte)
  • “Quando sbaglio, il team mi aiuta a capire e migliorare (non a giustificarmi).”
  • “Le mie idee vengono ascoltate con rispetto.”
  • “Posso fare domande ‘ingenue’ senza imbarazzo.”
  • “Se segnalo un problema, non vengo penalizzato/a.”

 

Conta la % di risposte positive: puntare almeno al 75% e crescere di +5 punti all’anno può essere un KPI sostenibile e realisticamente realizzabile con un piano d’azione semplice ma efficace.

E allora è il caso chiedersi qual è la micro-azione che posso fare oggi per far sentire sicure le persone a dire “non sono d’accordo”? Forse potrebbe essere un primo micro passo per riconoscere una delle dimensioni della diversità in azienda. Ne parleremo ancora.

 

Autrice: Lucilla Rizzini

Founder di @Ellecubica & Direttrice del Master in Coaching riconosciuto da AICP

Professional Certified Coach (PCC) ICF

Autrice “Motivati si diventa” edito da Guerini Next.

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