“Sono ossessionato da tante cose, tipo il cambiamento climatico e il mondo che lasceremo ai nostri figli, ma non mi sono mai fatto ossessionare dall’attività sportiva. Lo sport mi ha insegnato molto, ma l’ho sempre vissuto come un sano complemento della vita reale”
Sono le parole di Filippo Canetta, ultramaratoneta, trail runner e founder di Wild Tee pubblicate nel libro “Motivati si diventa” edito da Guerini Next.
“La passione non è solo una forza motrice, ma una lente attraverso la quale vediamo e interpretiamo il mondo” (Trabucchi, 2018).
Questo concetto ci porta a una riflessione fondamentale: quando la passione si trasforma in ossessione?
Robert J. Vallerand (2003) ha introdotto il modello dualistico della passione, distinguendo tra passione armoniosa e passione ossessiva. La prima nasce da un’internalizzazione autonoma dell’attività nella propria identità, permettendo un equilibrio tra piacere e impegni. La seconda, invece, deriva da pressioni esterne o contingenze interne, portando la persona a sentirsi obbligata a perseguire quell’attività a discapito del benessere personale.
Le differenze tra passione e ossessione
La passione armoniosa e la passione ossessiva possono sembrare simili all’inizio, ma i loro effetti a lungo termine sono molto diversi.
Estratto dal libro Motivati si diventa
Il rischio dell’ego ingombrante
Un elemento che amplifica la trasformazione della passione in ossessione è l’ego. Se non bilanciato, l’ego può spingere una persona a cercare incessantemente riconoscimento e conferme esterne, trasformando il piacere di un’attività in una necessità compulsiva di successo. Studi dimostrano che un’eccessiva identificazione con il proprio ruolo o risultato può portare a stress, perdita di motivazione e calo della performance (Deci & Ryan, 2000).
Come mantenere l’equilibrio
Per evitare che la passione degeneri in ossessione, è utile:
- Sviluppare autoconsapevolezza: chiedersi se l’attività ci rende felici o se genera ansia.
- Bilanciare tempo e risorse: evitare di trascurare altri aspetti importanti della vita, quali il riposo per esempio.
- Accettare pause e fallimenti: il perfezionismo è un fattore di rischio per l’ossessione.
- Coltivare una motivazione intrinseca: focalizzarsi sul piacere dell’attività e non solo sui risultati, il processo e non il risultato finale.
- Praticare il distacco psicologico: permettersi di disconnettersi dall’attività per ridurre il coinvolgimento emotivo eccessivo, e per fare questo la natura è una grande alleata.
- Evitare l’overidentificazione: non fare dell’attività l’unico elemento che definisce la propria autostima, ognuno di noi ha molti ruoli e molte sfaccettature.
Nel coaching dinamico, aiutare i coachee a trovare il giusto equilibrio tra impegno e benessere è cruciale. Strumenti come la riflessione guidata, il monitoraggio delle emozioni e la ridefinizione degli obiettivi possono aiutare a mantenere la passione entro limiti sani.
Nel coaching, spesso si incontra chi confonde passione e ossessione, pensando che più sforzo equivalga a migliori risultati, per esperienza posso dire che non è mai cosi.
Lo dimostra anche la scienza: la sostenibilità dell’impegno è essenziale per mantenere alta la motivazione nel lungo periodo. Un obiettivo deve essere sfidante, ma non deve consumare la nostra energia vitale.
La passione è un motore incredibile per la crescita personale e professionale, ma deve essere gestita con equilibrio. Quando si trasforma in ossessione, rischia di diventare un ostacolo anziché una risorsa.
Vuoi approfondire questi temi? Troverai un capitolo dedicato nel libro “Motivati si diventa” di Lucilla Rizzini – edito da Guerrini Next! Lo trovi in libreria oppure in Amazon a questo link.
Autrice: Lucilla Rizzini
Direttrice del Master in Coaching riconosciuto da AICP & Founder di @Ellecubica
Professional Certified Coach (PCC) ICF
Esperta di motivazione