Preferiamo compiti che ci offrono una soddisfazione immediata.
Non è un segreto. E nemmeno è una tragedia.
Non è finita qui.
E’ pure risaputo che le persone prediligono attività che sanno fare.
Si, quando ci sentiamo efficaci, allora agiamo prima e senza ansia da prestazione.
Nel caso contrario scatta la procrastinazione.
Cosa si intende per procrastinazione?
La psicologia la definisce come la tendenza volontaria a rimandare ciò che abbiamo deciso di intraprendere pur conoscendone gli esiti negativi. Alzi la mano chi non è affetto da un poco di procrastinazione.
Quando procrastiniamo, a domani, alla prossima settimana o ad un “prima o poi” ci sentiamo bene. Siamo sollevati.
Il problema si pone nell’aumento di stress nel lungo periodo.
Per forza di cose. Prima o poi il compito si ripresenta. Insieme col compito compare anche il senso di colpa.
Prima di condividere tre semplici strategie per dire addio alla procrastinazione voglio definire il motivo che vi sta dietro. Anzi alcuni dei motivi.
Nella pubblicazione dal titolo “The nature of procrastination” del 2007 lo studioso Steel evidenzia 3 motivi principali.
Il task non piace. Forse è noioso oppure faticoso. Oppure ho la possibilità di scegliere tra un’attività più piacevole e una meno piacevole. Decido di non tirare i dadi.
Il bisogno di novità. Steel la definisce sensation seeking. Personalmente, ne sono soggetta. Ammetto ci voglia una gran dose di autocontrollo per tenerla a bada.
Temo di sbagliare. Il senso di autoefficacia influisce molto sulla procrastinazione. Se penso di non farcela non agisco. (trovi un approfondimento al link in calce all’articolo)
Quindi, come si fa?
Tra le opzioni disponibili ho selezionato 3 strategie. Le ritengo le più semplici (ma non banali) per il mondo lavorativo.
Il principio di Premack ci invita ad intraprendere come first thing il compito più impegnativo. Le successive attività più semplici e piacevoli diventano, automaticamente, un rinforzo. Una sorta di gratifica. Ne parlo nel libro “Prima viene il mindset” al capitolo “Il mattino non ha l’oro in bocca”.
Avere un obiettivo ben formato con un timing preciso. Se devo lavorare ad un progetto critico e impegnativo scriverò in agenda uno slot specifico per quel task. Tra le 12 e le 14 lavoro al progetto xyz. (Io sceglierei questa fascia oraria perchè corrisponde al mio picco energetico).
Pianificare in maniera realistica. Il problema principale della pianificazione è legato al sottostimare i tempi di realizzazione. Se non lo so fare in autonomia, chiedo supporto. Affrontare le attività poco piacevoli in modo graduale, suddividendo in meta task, è la chiave di volta. Come a dire “mangio l’elefante un pezzetto alla volta”.
So già cosa penseranno alcuni dei lettori. “La fai facile” “lo sapevo già” “le solite cose”. Bene, allora siamo allineati. Ora non resta che passare all’azione.
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Qui l’articolo “Autoefficacia in azione: Guida pratica al cambiamento personale”
A questo link il libro “Prima viene il mindset”.