Cosa succede quando una sessione si trasforma in un monologo senza fine? Quando il cliente occupa tutto lo spazio, senza arrivare a un punto o a una riflessione concreta?
È una situazione comune, soprattutto con coachee alle prime esperienze, e può creare frustrazione in entrambi: il cliente si sente svuotato, ma non necessariamente più chiaro nelle sue idee, mentre il coach fatica a guidare la sessione verso una direzione utile.
In questo articolo vedremo perché accade, quali sono le insidie di un coaching che diventa solo ascolto passivo e come intervenire in modo efficace senza interrompere il flusso del coachee.
Perché alcuni coachee parlano senza sosta?
Ci sono diverse ragioni per cui un coachee potrebbe trasformare la sessione in un flusso ininterrotto di parole. Secondo la nostra esperienza, le principali sono quattro:
Ha bisogno di elaborare i suoi pensieri a voce alta
Raccontare aiuta a mettere in ordine le idee. Il coachee potrebbe parlare tanto perché, mentre racconta, sta cercando di dare una forma chiara a ciò che sta vivendo.Non ha mai avuto uno spazio tutto per sé
Alcune persone non hanno mai sperimentato un vero ascolto senza giudizio. Abituati a ricevere consigli, soluzioni rapide o giudizi dagli altri, quando trovano un coach che li ascolta davvero, possono lasciarsi andare e “approfittare” dello spazio.Si sta confondendo nel suo stesso discorso
Parlare può aiutare a chiarire, ma può anche creare più confusione. Se il discorso si frammenta in troppe direzioni, il coachee rischia di perdersi tra i suoi stessi pensieri.Ha un’idea errata del coaching
Alcuni vedono il coaching come uno spazio per sfogarsi, simile a una conversazione con un amico o a una sessione terapeutica.
Come intervenire quando il coachee parla troppo?
L’ascolto è fondamentale, ma se il coachee parla ininterrottamente senza una guida, la sessione può perdere di valore. Senza un supporto attivo da parte del coach, il cliente potrebbe terminare l’incontro con la sensazione di essersi sfogato, ma senza un piano d’azione chiaro.
Un coaching efficace porta il coachee da un punto A a un punto B, anche attraverso piccoli step concreti. Se manca questo avanzamento, il rischio è che il cliente non veda il valore del percorso e non prosegua con ulteriori sessioni.
Gestire questa dinamica senza interrompere bruscamente il flusso del cliente è una delle abilità fondamentali di un coach. Ecco quattro strategie efficaci:
1. Usa domande potenti per creare pause riflessive
Il coachee avrà bisogno, prima o poi, di respirare. È in quel momento che puoi intervenire con una domanda breve e diretta che lo porti a fermarsi e riflettere. Alcuni esempi:
- “Se dovessi riassumere tutto in una parola, quale sarebbe?”
- “Qual è il vero punto della questione per te oggi?”
- “Su cosa vuoi davvero lavorare in questa sessione?”
Queste domande aiutano a interrompere il flusso senza forzarlo, riportando l’attenzione su ciò che è realmente importante.
2. Fai un riepilogo strategico per orientare la conversazione
Quando il coachee si perde nel suo stesso discorso, puoi intervenire con un riepilogo, evidenziando i punti chiave e chiedendo dove vuole focalizzarsi.
Questa strategia permette di dare struttura alla sessione senza imporre una direzione al coachee.
3. Ricorda al coachee cos’è il coaching
Se il cliente ha un’idea sbagliata del coaching, è utile spiegargli che il percorso non è solo sfogo, ma anche crescita e trasformazione. Un modo efficace per farlo è proporre un cambio di approccio:
“Vedo che hai tanto da dire su questo tema. Ti va di provare un approccio diverso? Ti faccio una domanda e vediamo dove ci porta.”
In questo modo, non lo stai interrompendo, ma lo inviti a sperimentare un modo nuovo di affrontare il problema.
4. Usa la comunicazione non verbale
Gesti come abbassare le mani con i palmi verso il basso (per suggerire calma) o offrire un bicchiere d’acqua possono aiutare a creare una pausa naturale nella conversazione.
Il ruolo del coaching dinamico
Nel coaching dinamico, oltre alle domande potenti e ai riepiloghi strategici, possiamo integrare anche pillole formative se, ad esempio, un coachee continua a girare attorno a un concetto senza avere strumenti per affrontarlo.
Allo stesso modo, è possibile offrire un mentoring ispirazionale con un breve racconto o una riflessione.
Questi interventi non danno soluzioni, ma offrono spunti e nuove prospettive senza snaturare il processo di coaching.
In sintesi, se una sessione si trasforma in un monologo senza fine, il ruolo del coach è guidare il coachee verso una riflessione più consapevole, senza interrompere bruscamente, ma senza nemmeno restare passivo.
Il vero valore sta nella capacità di accompagnare il cliente verso una trasformazione concreta. Per evitare che una sessione diventi un semplice sfogo, è utile porre domande brevi e mirate, capaci di creare pause riflessive e guidare il coachee a focalizzarsi su ciò che conta davvero.
Un altro strumento efficace è il riepilogo strategico, che aiuta a dare ordine al discorso e a riportare l’attenzione sugli aspetti chiave, senza mai imporre una direzione. Anche la comunicazione non verbale gioca un ruolo fondamentale: gesti, espressioni e posture possono suggerire calma, creare spazi di silenzio e favorire una maggiore consapevolezza nel cliente.
Infine, quando le parole da sole non bastano, il coaching dinamico offre strumenti pratici per sbloccare situazioni complesse, integrando momenti di riflessione con elementi di formazione e mentoring mirato. È questo equilibrio tra ascolto, guida e intervento strategico a rendere il coaching un percorso davvero efficace e trasformativo.