Ellecubica

Vi è mai capitato di impegnarvi con entusiasmo in qualcosa — una passione, un progetto, un gesto altruistico — e poi, appena viene introdotto un premio o un incentivo esterno, sentire che quella magia si spegne? È un fenomeno più comune di quanto pensiamo. E in certi casi, può addirittura ridurre la motivazione, anziché potenziarla.

Un esempio concreto viene dal mondo della ricerca. Negli anni ’70, Richard Titmuss, sociologo britannico, osservò che nei Paesi dove la donazione di sangue era volontaria, come l’Inghilterra, le persone erano più disponibili a donare rispetto ai Paesi che offrivano incentivi economici.

Questa intuizione è stata confermata da uno studio successivo condotto in Svezia da Mellström e Johannesson (2008): offrire un compenso monetario per donare sangue riduceva significativamente la disponibilità, soprattutto tra le donne. L’incentivo, anziché motivare, svalutava l’atto altruistico, trasformandolo in uno scambio commerciale.

“Se ti do qualcosa in cambio, sarai più motivato a fare quell’azione”.

Credi sia davvero cosi?

Vediamo cosa sono gli incentivi esterni. Gli incentivi esterni sono ricompense che vengono offerte dall’esterno per stimolare un comportamento desiderato. Possono essere:

  • monetari (soldi, premi, buoni spesa)
  • materiali (regali, gadget, beni)
  • sociali (riconoscimenti, medaglie, gratificazioni pubbliche)

Ma il problema nasce quando il comportamento iniziale era guidato da una motivazione intrinseca, ossia dal piacere personale, dal valore o dal significato dell’azione stessa.

In questi casi, l’introduzione di un incentivo esterno può avere effetti collaterali imprevisti.

Pro e contro degli incentivi esterni

Pro:

  • Funzionano bene per attività semplici e ripetitive (es. vendite a obiettivo, premi di produzione).
  • Possono innescare una motivazione iniziale in chi non aveva alcun interesse.
  • Riconoscimenti simbolici possono rafforzare il senso di appartenenza e gratificazione.

Contro:

  • Svalutano la motivazione intrinseca, specialmente quando l’azione è legata a valori morali o identitari.
  • Riducono il senso di autonomia personale (“lo faccio per il premio, non per scelta”).
  • A lungo termine, possono creare dipendenza dal premio e abbassare la motivazione una volta che il premio sparisce.
  • Possono innescare emozioni negative come stress, senso di pressione o calo di entusiasmo.

Nello studio di Mellström e Johannesson, ai potenziali donatori venivano offerti tre scenari:

  1. donare volontariamente senza ricevere nulla in cambio.
  2. donare ricevendo un piccolo incentivo economico.
  3. donare ricevendo un buono spesa del valore equivalente.

Risultato? Le persone che ricevevano un pagamento in denaro erano meno propense a donare rispetto a chi non riceveva nulla. L’incentivo monetario aveva “corrotto” la natura altruistica dell’azione.

Interessante notare: quando il premio era sotto forma di buono spesa (e non di denaro liquido), l’effetto negativo diminuiva. Questo suggerisce che il tipo di incentivo conta: più l’incentivo appare commerciale, più danneggia la motivazione intrinseca.

Il messaggio è chiaro: non tutte le motivazioni possono (o devono) essere comprate.

Quando agiamo mossi da valori profondi — come solidarietà, crescita personale, desiderio di contribuire — l’introduzione di incentivi esterni rischia di snaturare il nostro slancio.

Come racconto nel libro Motivati si diventa, la motivazione intrinseca è il carburante più potente che abbiamo ma anche quella estrinseca ha un suo peso. Trovare l’equilibrio tra le due è la chiave per una motivazione duratura.

Ti ho incuriosito? Trovi qui il libro qui. 

 

Autrice: Lucilla Rizzini

Direttrice del Master in Coaching riconosciuto da AICP & Founder di @Ellecubica

Professional Certified Coach (PCC) ICF

Autrice “Motivati si diventa” edito da Guerini Next.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Non puoi copiare il contenuto di questa pagina